Il successo di un’ impresa dipende dalle persone che ne fanno parte

E’ una costante che continua a valere anche nei tempi di crisi e che vede aziende riuscire comunque a fare la differenza sul mercato grazie alla presenza di collaboratori qualificati.

Una delle problematiche con cui spesso le imprese si trovano a dover fare i conti è quella di riuscire a garantirsi la presenza di quelle figure professionali capaci di distinguere l’impresa da una concorrenza sempre più agguerrita.

Tali lavoratori, potendo contare su un elevato potere contrattuale, sono spesso corteggiati dalla concorrenza o, talvolta, potrebbero essere “invogliati” ad intraprendere un’attività per conto proprio.

In alcuni casi i collaboratori determinanti per il successo dell’azienda possono essere fidelizzati con la cessione di una piccola quota societaria ma nella maggior parte dei casi ciò non è possibile a volte per l’indisponibilità dell’impresa e a volte per la scarsa predisposizione del lavoratore ad una mentalità di tipo imprenditoriale.

Il problema deve quindi essere risolto in modo differente ed è per questo che per alcuni lavoratori si rende opportuno pattuire delle clausole di fidelizzazione del dipendente.

Cosa sono le clausole di fidelizzazione del dipendente:

si tratta sostanzialmente di vincoli che vengono imposti ai lavoratori maggiormente qualificati o che ricoprono ruoli chiave nell’organizzazione del lavoro per limitare il recesso dal rapporto di lavoro.

Gli strumenti contrattuali che si possono facilmente mettere in campo sono principalmente due: le clausole di durata minima ed il patto di non concorrenza.

1) Clausole di durata minima:

sono delle clausole contrattuali che disciplinano la durata minima di permanenza del lavoratore nell’azienda e possono a loro volta essere suddivise in clausole che estendono la durata del preavviso, che ad esempio potrebbe essere stabilito in 9 mesi e clausole di durata minima vera e propria in cui il lavoratore si impegna, con la previsione di pensali in caso contrario, a non recedere dal rapporto per un determinato periodo, ad esempio tre anni.

2) Patto di non concorrenza:

il patto di non concorrenza, viceversa, opera al momento del recesso dal rapporto: il lavoratore si obbliga a non svolgere attività potenzialmente in concorrenza con quella svolta dal precedente datore di lavoro.

In questo caso, la funzione fidelizzatoria è assolta in base a due direttrici: da una parte, il lavoratore è disincentivato a cambiare posto di lavoro, in quanto vedrebbe limitata la possibilità di reimpiego; dall’altra, qualora si interrompa il rapporto di lavoro, salvaguarda la possibilità che il lavoratore possa utilizzare il know how acquisito, ovvero possa sfruttare i clienti del precedente datore di lavoro.

Le clausole di durata minima non hanno la necessità di prevedere un compenso per il lavoratore, anche se è consigliabile inserirlo al fine di dare maggiore forza al vincolo imposto al lavoratore.

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