Ammortamenti per l’anno 2020 sospesi dal conto economico ma con deducibilità fiscale

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27/121/2020
VEDIAMO PRIMA LA NORMA:
Con il DL 104/2020 all’art. 60, si prevede che i soggetti che “non adottano i princìpi contabili internazionali”, possono non imputare al Conto economico del bilancio 2020 la quota annua di ammortamento relativa alle immobilizzazioni materiali e immateriali.
Questa interessante misura, in considerazione dell’evoluzione della situazione economica conseguente all’emer¬genza sanitaria in corso, potrebbe essere estesa agli esercizi successivi con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Nel dettaglio vediamo le novità relative alla sospensione degli ammortamenti per il 2020.
La sospensione degli ammortamenti per il 2020
Per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, in deroga a quanto previsto dal codice civile (art. 2426, comma 2), viene consentito, al fine di non appesantire di costi il conto economico, di sospendere l’imputazione delle quote di ammortamento per l’anno 2020, delle immobilizzazioni materiali e immateriali.
Il valore di iscrizione delle immobilizzazioni materiali e immateriali rimarrebbe quindi quello risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.
Nel caso in cui le imprese esercitino tale facoltà, la quota di ammortamento non imputata nel conto economico del bilancio 2020 lo sarà nel conto economico relativo all’esercizio successivo, e di conseguenza vi sarà un allungamento di un anno del piano di ammortamento originario.
Gli obblighi relativi alla sospensione degli ammortamenti per il 2020
Le società che decideranno di attivare la sospensione (parziale o totale fino al 100%) degli ammortamenti dovranno destinare il corrispondente ammontare ad una riserva indisponibile di utili.
Nelle circostanze in cui l’utile dell’esercizio dovesse risultare inferiore alla quota di ammortamento differita, sarà necessario integrare la suddetta riserva tramite l’utilizzo di riserve di utili portati a nuovo ovvero di altre riserve patrimoniali disponibili.
Eventuali ulteriori carenze dovranno essere colmate attraverso una specifica destinazione degli utili degli esercizi successivi.
Nella nota integrativa dovranno essere fornite le indicazioni sull’attivazione della deroga e delle relative motivazioni, oltre che la quantificazione degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali o immateriali non contabilizzati, nonché all’iscrizione e al relativo importo della corrispondente riserva indisponibile.
Deducibilità fiscale degli ammortamenti sospesi per il 2020
I soggetti che si avvalgono della sospensione degli ammortamenti per il 2020, pur non imputando gli stessi al conto economico, possono comunque dedurre la quota di ammortamento in dichiarazione dei redditi alle consuete condizioni previste dal TUIR.
Analoga previsione opera ai fini IRAP.
In pratica in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2020, occorre effettuare una variazione in diminuzione che, avendo natura temporanea, comporterà anche lo stanziamento di imposte differite passive nel bilancio 2020, che andranno poi utilizzate nell’ultimo esercizio di ammortamento civilistico, posto che per il medesimo periodo d’imposta non si avrà alcuna quota di ammortamento fiscalmente deducibile.
La norma è intollerabile, diseducativa e, cosa che più mi sorprende, anche totalmente inutile.
Ho letto e vi prendo spunto circa le puntuali osservazioni pubblicate su Linkedin dal collega Torinese dott. Fabrizio Bava, argomentazioni acute, intelligenti e pienamente condivisibili che di seguito commento e riporto:
Le imprese potranno non iscrivere fino al 100% degli ammortamenti nei bilanci 2020, con buona pace della rappresentazione veritiera e corretta.
Tutti felici, anche perché gli ammortamenti non iscritti potranno essere dedotti in sede di dichiarazione dei redditi.
Tale possibilità potrà persino essere prorogata per il 2021.
La norma è intollerabile, diseducativa e, cosa che più mi sorprende, anche totalmente inutile. Si legga quanto segue virgolettato: “La ratio della misura è soprattutto quella di mitigare l’effetto delle perdite sui bilanci 2020 e 2021 anche per consentire al sistema produttivo in crisi di poter accedere al credito senza vedersi negare tale possibilità dagli istituti di credito”.
La fonte non la riporto, non è rilevante.
Davvero c’è chi crede che basti falsificare i bilanci per legge per agevolare l’accesso al credito?
Non entro nel merito delle note tecniche di valutazione del merito creditizio, ma qualcuno pensa che un qualunque lettore dei bilanci non sia in grado di prendere la colonna ammortamenti dell’esercizio 2019 e sommarli ai costi del 2020?
Pensare di modificare le regole del bilancio, ritenendo in tal modo di sostenere le imprese, è come cercare di curare la febbre provocata dal virus COVID-19, sostituendo il termometro con uno che indichi non più di 36,8°.
Ma andiamo per ordine.
Il bilancio delle imprese non è (soltanto) un obbligo di legge, un “fatto contabile”, uno dei tanti adempimenti delle imprese.Il bilancio è prima di tutto il documento attraverso il quale l’impresa comunica il proprio stato di salute ai destinatari (banche, fornitori, clienti, ecc.) per ottenerne l’indispensabile supporto.
Se le imprese non stanno bene, devono essere individuate le cure, che, nel caso della pandemia, non possono che consistere, in una prima fase, nel supporto finanziario e, successivamente, nell’agevolare la ripresa economica.
Qualunque modifica alle regole contabili, seppur transitoria, conduce alla violazione del postulato del bilancio della rappresentazione veritiera e corretta.
La mancata iscrizione degli ammortamenti incide sulla rappresentazione degli equilibri di gestione delle imprese e altera la comprensione del reale stato di salute delle imprese da parte dei destinatari del bilancio.
La tutela del patrimonio netto delle imprese non può avvenire falsando la rappresentazione dello stato di salute, ma piuttosto, come previsto dal DL 23/2020 (“decreto liquidità”), sospendendo l’obbligo di ricapitalizzare ed il sorgere della clausola di scioglimento in caso di perdita del capitale nel bilancio 2020.
PERCHÈ PROPRIO GLI AMMORTAMENTI NEL BILANCIO 2020?
Qualcuno starà pensando, le imprese hanno subito il lockdown e chiaramente hanno utilizzato di meno i beni strumentali.
Ma questo non giustifica affatto l’eliminazione del 100% degli ammortamenti.
I principi contabili nazionali sono chiarissimi in proposito.
Se un’impresa ha ottenuto ricavi grazie all’utilizzo dei beni strumentali materiali ed immateriali, nel Conto economico devono essere iscritti i connessi ammortamenti.
Si tratta dell’applicazione del principio di competenza economica.
Non aggiungo altro, per non entrare in tecnicismi per soli addetti ai lavori, ma mi sembra di agevole comprensione.
Tra l’altro, in molti casi sarà possibile, nel pieno rispetto delle regole, adottare soluzioni che portano all’iscrizione di minori ammortamenti nel bilancio 2020.
La strada corretta è quella di verificare se ci sono le condizioni per modificare la vita utile residua o il metodo di ammortamento (tema su cui si stava per esprimere l’OIC, che ha pubblicato il 15 luglio 2020, la bozza di comunicazione “Metodi di ammortamento“).
La diffusa prassi di applicare nei bilanci le aliquote di ammortamento ordinarie, consente, in moltissimi casi, di modificare la vita utile residua al fine di ridurre l’ammontare degli ammortamenti in Conto economico. Questo perché le aliquote fiscali comportano quasi sempre una sottostima dell’effettiva vita utile dei beni.
SE SI ENTRA NEL “TUNNEL” DELLA FALSIFICAZIONE DEI BILANCI LE “SOLUZIONI” POSSIBILI SONO MOLTISSIME
Tornando al quesito iniziale, perché proprio l’eliminazione degli ammortamenti nel bilancio 2020?
Non è forse vero che a causa del crollo dei fatturati i clienti di molte imprese non avranno pagato alla scadenza il proprio debito?
Perché allora non consentire di non svalutare i crediti verso clienti nel 2020, in considerazione dell’eccezionalità della situazione?
Molte imprese detengono partecipazioni in società controllate che chiuderanno in perdita a causa della pandemia.
Perché non prevedere la disapplicazione dell’obbligo di svalutare le partecipazioni in presenza di perdite durevoli di valore?
Molte imprese avranno prodotti finiti e merci invendute tra le rimanenze di magazzino, in molti casi da svalutare.
Perché non “sterilizzare” anche l’obbligo di iscrizione al minore tra costo e mercato?
Perché la norma agevola soltanto chi ha acquisito i beni in proprietà e discrimina chi ha scelto il leasing ed i noleggi?
Si potrebbero includere anche loro tra i costi che è possibile non inserire nel bilancio 2020.
UNA NORMA INUTILE
Ci sono almeno due ragioni che rendono tale previsione normativa anche totalmente inutile.
La prima già accennata, è inutile perché qualunque analista di bilanci, per comprendere lo stato di salute di un’impresa, aggiungerà gli ammortamenti eventualmente non iscritti.
Anche per poter confrontare il bilancio di un’impresa che ha applicato la norma con una che non l’ha applicata.
Per non dimenticare che (almeno quello) chi applicherà tale previsione di legge dovrà darne ampia informativa nella Nota integrativa.
Ma c’è una seconda ragione che avrebbe dovuto essere più che sufficiente, da sola, a dissuadere il legislatore dall’introdurre tale possibilità.
Nel bilancio 2020 si è prevista la possibilità di non dover ricostituire il capitale sociale in caso di perdite tali da far ricadere la società nelle fattispecie di cui agli artt. 2447 e 2482-ter c.c.
Non si capisce pertanto perché sarebbe necessario contenere la dimensione delle perdite di gestione.
Semmai è necessario modificare tale norma, perché nella prima stesura non si è tenuto conto di cosa accadrà dopo il 2020.
Nel 2021 le imprese pesantemente colpite dalla pandemia non avranno la possibilità di ricostituire il capitale, è necessario ad esempio dare loro più tempo.
Almeno ai tempi dello “spalma debiti” per le società di calcio, il fine era chiarissimo, consentire ai soci di non dover ricapitalizzare!
In questo caso la “FURBATA” è pure inutile.
UNA NORMA DISEDUCATIVA
In un Paese in cui la cultura economico-finanziaria è bassissima, è davvero grave che sia il legislatore a non dare il buon esempio.
Come ho già sottolineato, i bilanci non sono un inutile adempimento, rappresentano lo stato di salute dell’impresa.
La preoccupazione del legislatore dovrebbe essere quella di aiutarle a guarire.
Consentire di non inserire gli ammortamenti nel bilancio 2020 è come falsificare la cartella clinica per sembrare più sani
Oltre a non servire a nulla, si fa passare un messaggio diseducativo.
Se è il legislatore a non comprendere concetti così basilari come possiamo poi pretendere che lo capiscano gli altri?
Tra i “pregi” di tale norma si sostiene che è a costo zero per le finanze pubbliche.
Detto in parole più chiare, è un favore a molti potenziali elettori che non costa nulla, come non è costato nulla rinviare l’obbligo della revisione nelle nano imprese.
Tutto vero, come è vero che invece l’ignoranza nelle posizioni apicali ci sta costando e ci costerà moltissimo anche in futuro.”
Ulteriori commenti sarebbero superflui per me ma lascio ai lettori individuare altre fattispecie elusive e forvianti in cui il legislatore sarebbe incorso in questo frangente.

PERCHÈ È UNA NORMA SBAGLIATA